In questi giorni sento spesso parlare di “proteste” di settore per far fronte al caro bollette che, sommandosi all’aumento del costo delle materie prime e alle difficoltà di assumere personale (per diversi motivi che sarebbero troppo lunghi da analizzare) sta mettendo in serie difficoltà molte piccole imprese ristorative italiane.
I ristoranti non saranno attività “energivore” come una fonderia ma, la voce relativa alle utenze di Luce e Gas, è sempre particolarmente importante nel conto economico.
𝑂𝑔𝑔𝑖 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑡𝑜𝑟𝑎𝑛𝑡𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑐𝑟𝑖𝑠𝑖 𝑒 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑖 𝑠𝑖 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑟𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑎 𝑐ℎ𝑖𝑢𝑑𝑒𝑟𝑒!
In tutto questo però qualcosa non quadra.
Mi spiego meglio.
I consumi degli italiani al ristorante sono decisamente aumentati nel 2022 (l’aumento percentuale rilevato è superiore all’inflazione quindi, esiste un aumento reale e un maggior indotto in termini di fatturato globale) rispetto al periodo pre-covid, è perciò evidente che la “sofferenza” del settore sta colpendo in modo maggiore una sola parte dell’intero comparto ristorazione ed è quella parte meno strutturata, spostando il mercato a favore delle grandi realtà che possono permettersi di attuare dinamiche economiche più efficienti, e capiremo il perché nella parte finale di questo articolo.
Le attività più in difficoltà sono le stesse che in questi giorni espongono le bollette e riducono i giorni di apertura. Sono principalmente le più piccole e meno strutturate. Entro la fine dell’anno molti saranno costretti a chiudere e le azioni intraprese in questi giorni non serviranno nulla, se non a fallire prima.
In sintesi, ci sono più soldi che “girano” nelle casse del settore ma, per semplificare il concetto, non sono distribuiti equamente.
E non solo, le attività più piccole oltre ad “incassare” mediamente meno rispetto alle attività più grandi e strutturate, hanno margini sempre più risicati.
Vi assicuro che, con questi presupposti, “chiudere” più giorni non salverà la situazione, ma potrà soltanto incidere negativamente sia sul fatturato che sugli utili.
𝑨𝒕𝒕𝒆𝒏𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆, 𝒇𝒂𝒄𝒄𝒊𝒐 𝒂𝒏𝒄𝒉𝒆 𝒊𝒐 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 “𝒑𝒊𝒄𝒄𝒐𝒍𝒂 𝒓𝒊𝒔𝒕𝒐𝒓𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆” 𝒔𝒆 𝒄𝒐𝒔𝒊̀ 𝒗𝒐𝒈𝒍𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒄𝒉𝒊𝒂𝒎𝒂𝒓𝒍𝒂. 𝑰𝒍 𝒎𝒊𝒐 𝒓𝒊𝒔𝒕𝒐𝒓𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒉𝒂 30 𝒄𝒐𝒑𝒆𝒓𝒕𝒊 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒐𝒔𝒄𝒐 𝒎𝒐𝒍𝒕𝒐 𝒃𝒆𝒏𝒆 𝒆 𝒅𝒂𝒍𝒍’𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒏𝒐, 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐 𝒕𝒊𝒑𝒐 𝒅𝒊 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒕𝒂̀. 𝑪𝒐𝒏𝒐𝒔𝒄𝒐, 𝒊𝒏𝒐𝒍𝒕𝒓𝒆, 𝒈𝒓𝒂𝒛𝒊𝒆 𝒂𝒍𝒍𝒆 𝒎𝒊𝒆 𝒂𝒕𝒕𝒊𝒗𝒊𝒕𝒂̀ 𝒅𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒖𝒍𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒂𝒏𝒄𝒉𝒆 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒕𝒂̀ 𝒑𝒊𝒖̀ 𝒔𝒕𝒓𝒖𝒕𝒕𝒖𝒓𝒂𝒕𝒆 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊, 𝒑𝒐𝒔𝒔𝒐 “𝒑𝒆𝒓𝒎𝒆𝒕𝒕𝒆𝒓𝒎𝒊” 𝒅𝒊 𝒇𝒂𝒓𝒆 𝒍𝒆 𝒓𝒊𝒇𝒍𝒆𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒄𝒉𝒆 𝒔𝒆𝒈𝒖𝒊𝒓𝒂𝒏𝒏𝒐.
Lungi da me il voler fare le cose facili, ma quello che sto leggendo in questi giorni non rappresenta in alcun modo una soluzione al problema.
Forse la mia riflessione potrà non piacere, ma non è il mio scopo imbonirmi un po’ di colleghi, piangendo con loro senza proporre soluzioni, ma, vorrei affrontare il tema in modo proattivo, cercando di capire come possiamo, perlomeno, “arginare” le difficoltà del momento prima che sia troppo tardi.
Ora torniamo al problema e vediamo perché ritengo poco utile andare nella direzione delle bollette fuori dalla porta e delle chiusure per più giorni a settimana.
Il primo punto, quello delle bollette, lo contesto semplicemente perché credo che non serva a sensibilizzare il cliente né, tanto meno, a scuotere chi “governa”.
È semplicemente una “lamentela” che, come tutte le lamentele, ha poco a che fare con quello che dovrebbe essere un ristorante ovvero un luogo dove passare una serata in modo sereno e spensierato. Sono sufficienti giornali e telegiornali a diffondere messaggi negativi, non credo sia il caso di accogliere i clienti sbattendogli in faccia la bolletta.
Molti lo fanno per giustificare agli occhi dei clienti un eventuale aumento dei prezzi. Beh, anche in questo caso, non entro nel merito di alcuni concetti di MKTG, perché non è il mio settore di competenza ma vi assicuro che ci sono mille altri modi per aumentare lo scontrino medio e soprattutto la marginalità del vostro “venduto” senza cercare di riscuotere “compassione” lamentandosi del caro bolletta, e senza “lesinare” su qualità delle materie prime e servizio offerto. Anzi, è possibile farlo anche e soprattutto migliorando questi aspetti.
Al cliente, delle nostre difficoltà non glie ne frega un c…o, ed in fondo è giusto così.
Che vi piaccia o no.
Paga per un momento di piacere, non è nostro socio, ed i problemi, fino a prova contraria non devono riguardalo.
Non sto dicendo che non esista questo tipo di sensibilità ma il ristorante non è il luogo adatto per esporre il nostro “disagio” e/o “dissenso”. Non è una vetrina per le proteste. Esistono altre sedi, per chi ritiene che la “protesta” possa essere efficace.
Adesso so che qualcuno avrà già pronta la domanda classica e alquanto retorica, ovvero:
“𝒃𝒆𝒉… 𝙛𝙖𝙘𝙞𝙡𝙚 𝙥𝙖𝙧𝙡𝙖𝙧𝙚, 𝒅𝒂𝒄𝒄𝒊 𝒖𝒏𝒂 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆, 𝒄𝒐𝒔𝒂 𝒇𝒂𝒄𝒄𝒊𝒂𝒎𝒐?”
Se volete la soluzione per cambiare le cose, per far tornare le bollette a cifre sostenibili non sono la persona adatta. Sono quanto di più lontano ci sia da un politico, non amo le associazioni, non credo che in questo caso specifico l’unione faccia la forza ma, credo fermamente che, la forza di ognuno possa fare la differenza.
Soluzioni facili, però, non ce ne sono!!
Affrontiamo “in primis” il tema delle chiusure, ovvero di chiudere più giorni al fine di risparmiare sui costi delle utenze.
Se l’idea è di farlo per protesta, beh, sappiate che non servirà a nulla, perché nessuno morirà di fame se troverà il ristorante chiuso anzi, qualcuno potrebbe non gradire e potreste perdere un cliente. Anche in questo caso, possiamo raccontarci tutto quello che vogliamo, ma che vi piaccia o no, è così.
E comunque, non ho voglia di affrontare il tema dal punto di vista “morale” disquisendo sulle difficoltà, sulla percezione del “pubblico” relativamente a suddette difficoltà ecc. Sarebbe tempo perso e alimenterebbe le “lamentele” che, per migliorarsi, non servono a nulla.
Prendendo invece in considerazione il tema da un punto di vista puramente economico, la scelta di chiudere “di più” non ha assolutamente alcun senso.
𝑰 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒖𝒎𝒊 𝒆𝒏𝒆𝒓𝒈𝒆𝒕𝒊𝒄𝒊 𝒅𝒆𝒗𝒐𝒏𝒐 𝒆𝒔𝒔𝒆𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒊𝒅𝒆𝒓𝒂𝒕𝒊 𝒄𝒐𝒎𝒆 “𝒄𝒐𝒔𝒕𝒊 𝒇𝒊𝒔𝒔𝒊”.
𝑬’ 𝒗𝒆𝒓𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒖𝒏 𝒓𝒊𝒔𝒕𝒐𝒓𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒄𝒉𝒊𝒖𝒔𝒐 “𝒄𝒐𝒏𝒔𝒖𝒎𝒂“ 𝒎𝒆𝒏𝒐 𝒅𝒊 𝒖𝒏 𝒓𝒊𝒔𝒕𝒐𝒓𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒐𝒑𝒆𝒓𝒂𝒕𝒊𝒗𝒐 𝒎𝒂 𝒏𝒐𝒏 𝒊𝒏 𝒎𝒐𝒅𝒐 𝒔𝒊𝒈𝒏𝒊𝒇𝒊𝒄𝒂𝒕𝒊𝒗𝒐 𝒒𝒖𝒂𝒏𝒅𝒐, 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒏𝒆𝒍 𝒄𝒂𝒔𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒄𝒉𝒊𝒖𝒔𝒖𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝒑𝒐𝒄𝒉𝒊 𝒈𝒊𝒐𝒓𝒏𝒊, 𝒏𝒐𝒏 𝒔𝒊 𝒉𝒂 𝒍𝒂 𝒑𝒐𝒔𝒔𝒊𝒃𝒊𝒍𝒊𝒕𝒂̀ 𝒅𝒊 “𝒔𝒕𝒂𝒄𝒄𝒂𝒓𝒆” 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊 𝒈𝒍𝒊 𝒂𝒓𝒎𝒂𝒅𝒊 𝒇𝒓𝒊𝒈𝒐𝒓𝒊𝒇𝒆𝒓𝒊, 𝒍𝒆 𝒄𝒆𝒍𝒍𝒆, 𝒆𝒄𝒄…
𝑹𝒊𝒔𝒑𝒂𝒓𝒎𝒊𝒆𝒓𝒆𝒎𝒎𝒐 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒄𝒉𝒆 𝑲𝑾 𝒅𝒖𝒓𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒊𝒍 𝒔𝒆𝒓𝒗𝒊𝒛𝒊𝒐, 𝒄𝒆𝒓𝒕𝒐, 𝒎𝒂 𝒔𝒊 𝒕𝒓𝒂𝒕𝒕𝒂 𝒅𝒊 𝒃𝒓𝒊𝒄𝒊𝒐𝒍𝒆 𝒊𝒏 𝒄𝒐𝒏𝒇𝒓𝒐𝒏𝒕𝒐 𝒂𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒖𝒎𝒊 𝒕𝒐𝒕𝒂𝒍𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒍’𝒂𝒕𝒕𝒊𝒗𝒊𝒕𝒂̀.
Ho fatto un po’ di “conti”, anche abbastanza dettagliati che vi risparmierò e in sitesi a fronte di un risparmio mensile di circa un 5-7% dei costi delle utenze potremmo subire perdite anche del 20% del fatturato. (chiudendo 2 giorni in più a settimana, oltre all’eventuale giorno di chiusura)
Anche considerando una marginalità particolarmente “risicata” la perdita di utili sarebbe sempre decisamente superiore al “risparmio” in termini di costi.
Quindi, ora che abbiamo visto cosa non fare, ovviamente sempre secondo il mio modesto parere, vediamo cosa si potrebbe fare per “migliorare” un pochino e cose.
Come abbiamo detto, il problema, in questo caso, sono la corrente e il gas; quindi, dobbiamo concentrarci su come ammortizzare e distribuire nel modo migliore questi costi fissi.
𝑷𝒐𝒕𝒓𝒂̀ 𝒔𝒆𝒎𝒃𝒓𝒂𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒐𝒊𝒏𝒕𝒖𝒊𝒕𝒊𝒗𝒐 𝒎𝒂 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒅𝒐𝒃𝒃𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒇𝒂𝒓𝒆 𝒆̀ “𝒑𝒓𝒐𝒅𝒖𝒓𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒑𝒊𝒖̀” 𝒆 𝒍𝒂𝒗𝒐𝒓𝒂𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒑𝒊𝒖̀ 𝒊𝒏 𝒎𝒐𝒅𝒐 𝒅𝒂 𝒂𝒖𝒎𝒆𝒏𝒕𝒂𝒓𝒆 𝒍𝒂 𝒑𝒓𝒐𝒅𝒖𝒕𝒕𝒊𝒗𝒊𝒕𝒂̀ 𝒊𝒏 𝒓𝒆𝒍𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒂𝒊 𝒄𝒐𝒔𝒕𝒊 𝒇𝒊𝒔𝒔𝒊 𝒅𝒊 𝒑𝒓𝒐𝒅𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆.
Vediamo nel dettaglio quali sono le regole base da rispettare.
Innanzitutto, tutte le attrezzature più “energivore” devono lavorare sempre a pieno carico. Forni, abbattitori, lavastoviglie, roner e qualunque altro strumento che consumi molta energia deve sempre lavorare sfruttando al massimo la propria capacità produttiva.
Starà poi a voi gestire nel modo migliore la produzione al fine di evitare sprechi dovuti alla shelf life dei prodotti lavorati e per questo, il meglio che posso consigliare, è di lavorare in modo sistematico con abbattitore e conservazione sottovuoto in relazione, ovviamente, alla vostra capacità di stoccaggio.
Ricordate sempre che ogni volta che un’attrezzatura non lavora a pieno carico state buttando via soldi.
Supponendo che il ciclo di cottura di un forno, (sparando una cifra a caso), consumi 10,00€ di corrente, se produciamo 10 porzioni anziché, ad esempio, 100, la variazione dell’incidenza per ogni porzione sarà superiore, nel secondo caso, di 90 centesimi con un incremento percentuale dei consumi per porzione del 900%.
𝑸𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊, 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒂𝒗𝒆𝒓𝒆 𝒑𝒊𝒖̀ 𝒈𝒊𝒐𝒓𝒏𝒊 𝒅𝒊 𝒄𝒉𝒊𝒖𝒔𝒖𝒓𝒂 𝒆 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊 𝒍𝒂𝒗𝒐𝒓𝒂𝒓𝒆 𝒎𝒆𝒏𝒐, 𝒊𝒏 𝒕𝒆𝒓𝒎𝒊𝒏𝒊 𝒂𝒔𝒔𝒐𝒍𝒖𝒕𝒊, 𝒑𝒐𝒓𝒕𝒆𝒓𝒆𝒃𝒃𝒆 𝒂 𝒑𝒓𝒐𝒅𝒖𝒓𝒓𝒆 𝒒𝒖𝒂𝒏𝒕𝒊𝒕𝒂̀ 𝒎𝒊𝒏𝒐𝒓𝒊 𝒅𝒊 𝒎𝒂𝒕𝒆𝒓𝒊𝒂 𝒑𝒓𝒊𝒎𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒐𝒈𝒏𝒊 “𝒄𝒊𝒄𝒍𝒐 𝒑𝒓𝒐𝒅𝒖𝒕𝒕𝒊𝒗𝒐” 𝒄𝒐𝒏 𝒍𝒂 𝒄𝒐𝒏𝒔𝒆𝒈𝒖𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒄𝒉𝒆, 𝒍’𝒊𝒏𝒄𝒊𝒅𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒖𝒕𝒆𝒏𝒛𝒆, 𝒔𝒂𝒓𝒆𝒃𝒃𝒆 𝒅𝒆𝒄𝒊𝒔𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒔𝒖𝒑𝒆𝒓𝒊𝒐𝒓𝒆, 𝒂𝒏𝒅𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒂𝒅 𝒆𝒓𝒐𝒅𝒆𝒓𝒆 “𝒎𝒂𝒓𝒈𝒊𝒏𝒂𝒍𝒊𝒕𝒂̀” 𝒔𝒖𝒊 𝒑𝒊𝒂𝒕𝒕𝒊 𝒗𝒆𝒏𝒅𝒖𝒕𝒊 𝒆 𝒒𝒖𝒊𝒏𝒅𝒊 𝒔𝒖𝒍 𝒗𝒐𝒔𝒕𝒓𝒐 𝒖𝒕𝒊𝒍𝒆 𝒏𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒂 𝒇𝒊𝒏𝒆 𝒎𝒆𝒔𝒆, 𝒐 𝒇𝒊𝒏𝒆 𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒔𝒆 𝒑𝒓𝒆𝒇𝒆𝒓𝒊𝒕𝒆.
Facendo seguito a questo ragionamento, avendo la “potenzialità” in termini di risorse umane per coprire i servizi la cosa più sensata sarebbe “aprire di più” in modo da produrre e vendere di più e quindi, distribuire meglio i costi delle utenze per ogni “cluster” di produzione.
Capisco che possa sembrare di difficile applicazione e in questo periodo con la carenza di personale di cui molte attività soffrono lo è ancora di più, però, vi consiglio di prendere carta e penna o meglio un foglio excel e farvi due conti per valutare, nel contesto del vostro modello di business, quelli che potrebbero essere i risvolti economici di ciò che vi ho prospettato.
Sicuramente, “aprire di più”, richiede delle valutazioni attente e dettagliate ma non ho dubbi sul fatto che, “chiudere di più”, non sia assolutamente la soluzione al problema.
Ricordatevi sempre di ragionare con carta, penna e calcolatrice.
𝑪𝒓𝒆𝒂𝒕𝒆 𝒔𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 “𝒎𝒐𝒅𝒆𝒍𝒍𝒊 𝒆𝒄𝒐𝒏𝒐𝒎𝒊𝒄𝒊” 𝒑𝒆𝒓 𝒗𝒂𝒍𝒖𝒕𝒂𝒓𝒆 𝒍𝒆 𝒗𝒐𝒔𝒕𝒓𝒆 𝒊𝒅𝒆𝒆, 𝒄𝒂𝒎𝒃𝒊𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊, 𝒊𝒏𝒕𝒖𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒉𝒆́ 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒐 𝒄𝒊𝒐̀ 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒆̀ 𝒔𝒖𝒑𝒑𝒐𝒓𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒅𝒂𝒊 𝒏𝒖𝒎𝒆𝒓𝒊 𝒏𝒐𝒏 𝒉𝒂 𝒂𝒍𝒄𝒖𝒏 𝒗𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆!
𝑺𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒗𝒂𝒍𝒖𝒕𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒎𝒊𝒔𝒖𝒓𝒂𝒃𝒊𝒍𝒊 𝒏𝒐𝒏 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒓𝒆𝒕𝒆 𝒎𝒂𝒊 𝒍𝒂 𝒅𝒊𝒓𝒆𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆, 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒖𝒏 𝒕𝒂𝒄𝒉𝒊𝒎𝒆𝒕𝒓𝒐 𝒊𝒏 𝒎𝒂𝒄𝒄𝒉𝒊𝒏𝒂 𝒏𝒐𝒏 𝒑𝒐𝒕𝒓𝒆𝒔𝒕𝒆 𝒎𝒂𝒊 𝒔𝒂𝒑𝒆𝒓𝒆 𝒍𝒂 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒆 𝒗𝒆𝒍𝒐𝒄𝒊𝒕𝒂̀ 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒉𝒆́ 𝒍𝒂 𝒗𝒐𝒔𝒕𝒓𝒂 𝒗𝒂𝒍𝒖𝒕𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒔𝒂𝒓𝒆𝒃𝒃𝒆 𝒒𝒖𝒂𝒔𝒊 𝒔𝒊𝒄𝒖𝒓𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒔𝒃𝒂𝒈𝒍𝒊𝒂𝒕𝒂 𝒊𝒏 𝒒𝒖𝒂𝒏𝒕𝒐 𝒊𝒏𝒇𝒍𝒖𝒆𝒏𝒛𝒂𝒕𝒂 𝒅𝒂 𝒅𝒊𝒗𝒆𝒓𝒔𝒊 𝒇𝒂𝒕𝒕𝒐𝒓𝒊 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒍𝒂 𝒕𝒊𝒑𝒐𝒍𝒐𝒈𝒊𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒔𝒕𝒓𝒂𝒅𝒂, 𝒍𝒂 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒅𝒊 𝒂𝒍𝒕𝒓𝒆 𝒎𝒂𝒄𝒄𝒉𝒊𝒏𝒆, 𝒍𝒂 𝒎𝒖𝒔𝒊𝒄𝒂 𝒄𝒉𝒆 𝒔𝒕𝒂𝒕𝒆 𝒂𝒔𝒄𝒐𝒍𝒕𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒆𝒄𝒄.
In Conclusione non dimenticate le parole di Edward Deming.
“𝙎𝙀𝙉𝙕𝘼 𝘿𝘼𝙏𝙄 𝙎𝙀𝙄 𝙎𝙊𝙇𝙊 𝙐𝙉’𝘼𝙇𝙏𝙍𝘼 𝙋𝙀𝙍𝙎𝙊𝙉𝘼 𝘾𝙊𝙉 𝙐𝙉’𝙊𝙋𝙄𝙉𝙄𝙊𝙉𝙀”
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